Sviluppo sostenibile per noi vuol dire valorizzare la carta più
importante che possiamo giocare nella globalizzazione, quella del saper fare
italiano. Se una chance abbiamo, è quella di una Italia che sappia fare
l’Italia. Da sempre la nostra forza è stata quella di trasformare con il gusto,
la duttilità, la tecnica e la creatività, materie prime spesso acquistate
all’estero.
Il decennio appena trascorso è
stato particolarmente pesante per il nostro sistema produttivo. L’ingresso
nell’euro e la fine della svalutazione competitiva hanno prodotto, con la
concorrenza della rendita finanziaria, una caduta degli investimenti in
innovazione tecnologica e nella capitalizzazione delle imprese, con l’aumento
dell’esportazione di capitali. Anche in questo caso è tempo di cambiare spartito
e ridare centralità alla produzione. Una
politica industriale “integralmente ecologica” è la prima e più rilevante di
queste scelte.
Noi immaginiamo un progetto-Paese
che individui grandi aree d’investimento, di ricerca, di innovazione verso le quali
orientare il sistema delle imprese, nell’industria, nell’agricoltura e nei
servizi. La qualità e le tipicità, mobilità sostenibile, risparmio ed
efficienza energetica, le tecnologie legate alla salute, alla cultura,
all’arte, ai beni di valore storico e alla nostra tradizione, l’agenda
digitale. Bisogna inoltre dare più forza e prospettiva alle nostre
piccole e medie imprese aiutandole a collegarsi fra loro, a capitalizzarsi, ad
accedere alla ricerca e alla internazionalizzazione.
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