La nostra visione assume il
lavoro come parametro di tutte le politiche. Cuore del nostro progetto è la dignità del lavoratore da rimettere al
centro della democrazia, in Italia e in Europa. Questa è anche la premessa
per riconoscere la nuova natura del conflitto sociale. Fulcro di quel conflitto
non è più solo l’antagonismo classico tra impresa e operai, ma il mondo
complesso dei produttori, cioè delle persone che pensano, lavorano e fanno
impresa. E questo perché anche lì, in quella dimensione più ampia, si stanno
creando forme nuove di sfruttamento. Il tutto, ancora una volta, per garantire
guadagni e lussi alla rendita finanziaria. Bisogna
perciò costruire alleanze più vaste. La
battaglia per la dignità e l’autonomia del lavoro, infatti, riguarda oggi la
lavoratrice precaria come l’operaio sindacalizzato, il piccolo imprenditore o
artigiano non meno dell’impiegato pubblico, il giovane professionista
sottopagato al pari dell’insegnante o della ricercatrice universitaria.
Il primo passo da compiere è un ridisegno profondo del sistema fiscale che
alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei
grandi patrimoni finanziari e immobiliari.
Quello successivo è contrastare la precarietà, rovesciando
le scelte della destra nell’ultimo decennio e in particolare l’idea di una
competitività al ribasso del nostro apparato produttivo, quasi che, rimasti
orfani della vecchia pratica che svalutava la moneta, la risposta potesse stare
nella svalutazione e svalorizzazione del lavoro.
Il terzo passo è spezzare la spirale perversa tra bassa
produttività e compressione dei salari e dei diritti, aiutando le
produzioni a competere sul lato della qualità e dell’innovazione, punti
storicamente vulnerabili del nostro sistema.
Quarto passo è mettere in campo politiche fiscali a sostegno
dell’occupazione femminile, ancora adesso uno dei differenziali più
negativi per la nostra economia, in particolare al Sud. Serve un grande piano
per aumentare e migliorare l’occupazione femminile, contrastare la disparità
nei redditi e nelle carriere, sradicare i pregiudizi sulla presenza delle donne
nel mondo del lavoro e delle professioni. A tale scopo è indispensabile
alleggerire la distribuzione del carico di lavoro e di cura nella famiglia,
sostenendo una riforma del welfare, politiche di conciliazione e condivisione e
varando un programma straordinario per la diffusione degli asili nido. Anche
grazie a politiche di questo tipo sarà possibile sostenere concretamente le
famiglie e favorire una ripresa della natalità. Insomma sul punto non servono
altre parole: bisogna fare del tasso di occupazione femminile e giovanile il
misuratore primo dell’efficacia di tutte le nostre strategie.
Infine, il lavoro è oggi per
l’Italia lo snodo tra questione sociale e questione democratica. Fondare sul lavoro e su una più ampia
democrazia nel lavoro la ricostruzione del Paese non è solo una scelta
economica, ma l’investimento decisivo sulla qualità della nostra democrazia.
Occorre una legge sulla rappresentanza che consenta l'esercizio effettivo della
democrazia per chi lavora. Non possiamo consentire né che si continui con
l'arbitrio della condotta di aziende che discriminano i lavoratori, né che ci
sia una rappresentanza sindacale che prescinda dal voto dei lavoratori sui
contratti.
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